Chiese scomparse: dove, quando e perchè

CHIESE SCOMPARSE: DOVE, QUANDO E PERCHÉ

La nostra indagine in archivio e sul campo


 

Oggi Pisa conta un discreto numero di chiese all’interno delle sue mura, che tuttavia sono solo una piccola percentuale rispetto a quelle esistite in passato, specie nel periodo medievale, in cui la città era vivace e popolosa grazie al suo ruolo di Repubblica Marinara. I motivi per cui tanti edifici religiosi sono scomparsi nel corso del tempo sono vari, da quelli naturali come inondazioni o terremoti a quelli dovuti all’intervento dell’uomo come ad esempio i bombardamenti della seconda guerra mondiale o le soppressioni del periodo lorenese e napoleonico. Molte di queste chiese purtroppo non sono più visibili, e la loro esistenza può essere rintracciata solo attraverso l’analisi dei documenti storici o magari grazie alla sopravvivenza di qualche toponimo “parlante” (vi siete mai chiesti perché esista un vicolo Santa Margherita vicino alla torre del Campano?); alcune rimangono intatte e hanno semplicemente cambiato la loro destinazione d’uso, come la chiesa di S. Andrea in Foriporta, adibita a teatro per volere del Cardinale Maffi all’inizio del Novecento. In alcuni casi, poi, di questi edifici rimangono alcune tracce visibili solo a un occhio attento e molto allenato: la presenza di un arco, una lunetta o un capitello decorato dentro un negozio o all’esterno di un ristorante possono essere indizi preziosi per chi desidera indagare le vicende di queste chiese “fantasma”.
Il lavoro dello storico è simile a quello del detective, e noi così ci siamo sentiti in questa indagine in cui abbiamo raccolto prove, ispezionato luoghi, analizzato indizi e interrogato le fonti necessarie per risolvere il misterioso caso delle chiese scomparse di Pisa. Uno speciale ringraziamento va alla dott.ssa Elisa Carrara, archivista presso l’Archivio Diocesano di Pisa, per averci guidato con pazienza e professionalità in questa affascinante esperienza.


Le chiese indagate

Di chiese scomparse a Pisa ce ne sono davvero tante, da detective in erba quali siamo abbiamo deciso quindi di concentrare le nostre indagini su alcuni luoghi di culto dell’area di Tramontana vicina ai Lungarni, la zona più vivace della città medievale in cui si concentravano i mercati e le attività artigianali grazie anche alla presenza del fiume Arno, usato come via di comunicazione e sistema di pulizia. In questa zona abbiamo selezionato gli edifici che ci sembravano più interessanti proprio per la presenza di tracce che mettessero alla prova la nostra capacità di osservazione.

Le chiese che abbiamo preso in considerazione sono quindi S. Martino alla Pietra, S. Pietro in Padule, S. Jacopo al Mercato, S. Maria Vergine e SS. Felice e Regolo.

Se un giorno voleste ripercorrere sul campo le nostre ricerche, a questo link https://www.google.com/maps/d/u/0/edit?mid=1o6LhR8ndrH0N0Wz8QyuHgKRQbUTrEnE&usp=sharing troverete una mappa interattiva delle chiese corredata di testi e immagini. Una volta aperta, basterà cliccare sulle cinque icone verdi per ricevere tutte le informazioni. Buona indagine a voi!


Questione di metodo

Per la nostra indagine siamo partiti dalla raccolta e l’analisi delle testimonianze sulle chiese in questione. Abbiamo quindi visitato l’Archivio Diocesano, ospitato dal 2001 all’interno dell’ex-limonaia del Palazzo Arcivescovile, dove La dott.ssa Carrara ci ha guidato all’interno dell’enorme patrimonio documentario del centro, che va dalle pergamene di epoca longobarda ai registri delle parrocchie dei giorni nostri, indicandoci i testi che potevano esserci utili nella nostra ricerca.

Un’indagine di questo tipo in teoria dovrebbe prendere in considerazione le notizie che in modo indiretto trapelano dai resoconti delle visite pastorali fatte dall'Arcivescovo a partire da metà Quattrocento per monitorare il territorio: anche se i documenti sono stati prodotti a scopo fiscale e amministrativo, possono essere interessanti anche a livello storico e artistico in quanto vi si ritrovano informazioni che riguardano stato patrimoniale, spirituale, presenza e stato di conservazione dell’immobile e degli arredi in esso contenuti.

Certo, sfogliare i resoconti di tutte le visite pastorali sarebbe stato un vero lavorone; per fortuna c’è chi lo ha fatto per noi. Ci riferiamo a Giuseppe Sainati, autore del Diario Sacro Pisano (1898) e soprattutto a Paolo Tronci, canonico, archivista e vicario capitolare vissuto nel XVII secolo a Pisa che tra le varie attività si dedicò anche alla ricerca storica compilando nel 1643 la preziosissima Descrizione delle chiese, monasteri e oratori della città di Pisa che si trova all’interno dell’Archivio Capitolare. Partendo da questo volume, ampliato nel 1716 da Ottavio Angelo d’Abramo, abbiamo approfondito la ricerca consultando una riproduzione della Pianta Scorzi della prima metà del XVIII secolo e alcuni libri e articoli tra cui:


Fabiana Susini, Chiese non più chiese: il caso urbano di Pisa; 

Gianfranco Natale, I teatri anatomici dell’Università di Pisa; 

Gabriella Garzella, Pisa com’era: topografia e insediamento; 

Fabio Redi, Pisa com’era: archeologia, urbanistica e strutture materiali; 

M. Luzzati, San Martino alla Pietra del Pesce e le pescherie o piazze del pesce di Pisa; Francesca Anichini, Gabriele Gattiglia, Nuovi dati sulla topografia di Pisa medievale tra X e XVI secolo. Le indagini archeologiche di Piazza Sant’Omobono, Via Uffizi, Via Consoli del Mare e Via Gereschi. San Felice e Regolo

La chiesa di San Felice era una chiesa medievale del tipo a loggia: al piano terra era aperta su tre lati e sorretta da colonne con capitelli di reimpiego provenienti da edifici romani. Anticamente si trovava all'interno della cerchia muraria altomedievale nei pressi della porta del Visdomino. Fu soppressa nel 1785 e la loggia fu usata per un certo tempo come magazzino. Nel 1864 fu acquistata dalla Cassa di Risparmio di Pisa che vi installò i propri uffici. A quel tempo risalgono le ristrutturazioni che le donano il suo aspetto attuale di impronta neogotica. San Pietro in Padule

La chiesa è attestata per la prima volta nel 1153 ma probabilmente venne fondata nel secolo precedente. Era una chiesa a loggia al cui piano terra si svolgevano le riunioni dei Consoli e delle curie giudiziarie. Rispetto alla sua dicitura, il canonico Tronci, nel suo libro in cui descrive le chiese di Pisa nel Seicento, non riesce a spiegarsi il perché la chiesa si chiami in Padule, cioè in palude, dato che al suo tempo si trovava in uno dei punti più alti di Pisa. Gli studi però hanno trovato che l'area era diventata paludosa nell'Alto Medioevo a causa del dissesto idrologico. Nel 1614 la chiesa cambia nome in Sant'Omobono perché viene concessa all'Università dei Sarti, che lo avevano come patrono. Oggi possiamo trovare i resti dell'edificio all'interno dell'omonima trattoria.




Santa Maria della Neve
Di questa chiesa sappiamo con sicurezza la data di fondazione (1346), perché visibile nell'iscrizione sull'architrave del portale di ingresso. Nell'edificio era conservata la testa di San Cassiano Martire, che veniva portata in processione il 5 agosto in occasione della festa di Santa Maria della Neve, titolare della chiesa. A metà del XVI secolo la chiesa, già sconsacrata, diventa sede del teatro anatomico dello Studio Pisano, perché vicina sia al Palazzo della Sapienza, sede dell'Università, sia all'Arno, attraverso il quale per Carnevale arrivava da Firenze una coppia di cadaveri scelti tra i giustiziati. Dopo la dissezione i cadaveri erano sotterrati nella chiesa per dare loro una degna sepoltura ma questi resti non sono ancora stati ritrovati, nonostante l'edificio sia stato oggetto di scavo, in cui però sono stati rinvenuti i resti di un forno ceramico medievale, visibile ancora oggi al piano inferiore del pub Pick a Flower. Come si legge in un'altra iscrizione sull'edificio, in questo luogo svolse le sue dissezioni anche il famoso anatomista belga Andrea Vesalio.

San Martino alla Pietra

Il nome di questa antica chiesa medievale a loggia è dovuto alla "pietra del pesce", una lastra di pietra di grandi dimensioni sulla quale si disponeva il pesce da vendere in quello che era il vecchio mercato ittico fino al XVI secolo, prima che fosse trasferito nella zona di Foriporta. Una visita pastorale del 1684 trovava la chiesa già in condizioni disastrose per la vicinanza del pubblico postribolo, e ne descriveva l'atmosfera fatta di "puzzi, strida, spergiuri e bestemmie di giocatori ubriachi e altra gente peggiore". Per questo la chiesa perse la cura delle anime e poi venne sconsacrata nel 1753. Oggi se ne trovano i resti all'interno del negozio Papini. San Jacopo in Mercato

Esistente già dal 1198 come chiesa a loggia al cui piano inferiore si svolgeva il mercato, specie la vendita del pollame. Da qui la sua dicitura di San Jacopo al Mercato o ai Polli. Tutta la zona circostante era vocata al commercio e alle attività artigianali: via Rigattieri ricorda i venditori di abiti usati e tessuti, piazza Cairoli un tempo era chiamata piazza dei Cavoli perché vi si vendeva frutta e verdura; piazza del Pozzetto era una corte privata a cui si poteva accedere per attingere l'acqua pagando un dazio; poco lontano erano la piazza del Grano, quella dei Porci, il mercato del pesce, la via dei Setaioli, la torre dei Vignaioli e poi le attività dei macelli e dei caciaioli. La chiesa perse la cura delle anime nel Seicento e venne sconsacrata nel 1765.



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